La psicologia come l’amore è già dappertutto!

 

Potremmo dire sostanzialmente e un pò provocatoriamente che la psicologia non ha inventato nulla, ma che ha semplicemente studiato fenomeni umani giù esistenti, tentando spesso una spiegazione e talora perdendosi tra più spiegazioni e scadendo in quella spiegazioneria di cui parlava amaramente Frits Perls riferendosi a quel tipico comportamento di alcuni pazienti che osteggia qualsiasi cambiamento.
La fortissima tentazione esibizionistica nell’era mediatica della televisione rischia sempre di banalizzare la presenza e la funzione dello psicologo e di rendere inutile e imbarazzante il suo dire.
La letteratura aveva detto cose notevoli aprendo spazi mentali e calandosi nell’oscurità dell’animo umano. Allorquando Freud formulava le sue teorie già Robert Stevenson aveva scritto il suo Lo strano caso di Dottor Jeckill e Mr Hide (Stevenson 1886), James Barrie il suo Peter Pan (Barrie 1902) e Arthur Schnitzler stava scrivendo il suo Doppio sogno (Schnitzler 1925), ricevendo i meritati complimenti dello psicanalista viennese.
Ma oggi tra le teologie psicoterapeutiche attive c’è e si palpa parecchia confusione e talora ricompare la necessità di chiudersi. In ciò è ravvisabile una certa responsabilità negli stessi psicologi, nel loro stesso bisogno di difendere il proprio nucleo teorico di appartenenza, nel non sapersi confrontare tra loro, come può avvenire nel cristianesimo tra un cattolico e un testimone di Geova.
Il sapere psicologico è diffuso, così come la cosiddetta sensibilità psicologica che può essere utile agli altri, ma spingere taluni a dispensare consigli inesatti.

A proposito di suggerimenti e suggeritori

Di fronte al dolore e al malessere altrui che può rispecchiare anche solo in parte il proprio vi è il rischio di dire cose e dare suggerimenti inappropriati e infondati in merito all’assistenza psicologica. So di persone che chiedono a sacerdoti se hanno bisogno di psicoterapia. So di insegnanti che suggeriscono un certo tipo di psicoterapeuta.
Si è così immancabilmente e inopportunamente proiettivi nei riguardi dell’altro, ma anche incautamente proiettivi e sprovvedutamente suggeritori di una commedia che non si conosce a dovere.
Dunque è inevitabile ricadere nella consueta e desolante conclusione che ha a che fare con un altra sensibilizzazione che non c’è; nel nostro caso sembrerebbe necessario e sensato avviare una sensibilizzazione sulle prassi intorno all’invio, che potrebbe riguardare operatori sociosanitari, come i Medici di base nel loro essere presidio di prima soglia della salute pubblica, ma anche altri che, a vario titolo, hanno contatto con il dolore umano, e che sono chiamati a una responsabilizzazione rispetto all’opportunità e appropriatezza delle indicazioni. Parafrasando Wittengstein verrebbe da dire che di ciò di cui non si sa è bene tacere.

A proposito di parole e definizioni

A me non piace un certo uso che si fa, a tutt’oggi, della parola psicologia laddove si ritrova a ricoprire la funzione aggettivante per il rischio fortemente banalizzante e impreciso di indicare cose che sembrano voler dire tutto, ma poi non dicono niente. Credo piuttosto che si possa più opportunamente ricorrere a parole più precise e feconde come emozione. Se diciamo vissuti psicologici forse sarebbe più corretto riferirci a vissuti emotivi. Spesso si dice che è un fatto psicologico alludendo a tutto un insieme complesso e inestricabile di fenomeni che rimangono non chiariti.
Sta di fatto che lo psicologo si occupa di fatti non immediatamente evidenti e si muove in un terreno elusivo.

Lo psicologo in televisione

Lo psicologo in televisione rischia la più inutile delle generalizzazioni. Nei tempi stretti della televisione rischia sempre il fraintendimento e una trance impropria dello spettatore laddove ci sarebbe bisogno perfino di non dire come in occasione di crimini efferati.
Al contrario la televisione può offrire spazi che superino l’emergenziale o l’effimero per una alfabetizzazione che assomiglia all’impresa epica del Maestro Manzi decenni fa.

Chi ha ancora paura dello psicologo?

E’ ancora riscontrabile un certo timore serpeggiante nelle persone rispetto allo psicologo e agli oggetti delle sue indagini. In fondo le paure profonde dell’umanità rimangono legate alla morte, alla malattia e alla follia. Ma chi potrebbe rassicurarci in merito alla nostra presunta follia se non proprio lo psicologo?
Nella cultura italiana si riscontra tuttora una maggiore richiesta di aiuto psicologico su iniziativa delle donne. Ma pealtro si permane in una condizione generale in cui più operatore opererebbero sulla psiche in modi talvolta confusivi, tra psichiatri, psicoterapeuti, counsellor, coacher e molti altri.

La promozione della professione a largo spettro

Come potrebbe essere presentarsi al mondo in quanto psicologo, superando le paure che la figura dello psicologo induce.
Io dico che lo psicologo non si occupa di cose rotte, per quanto sussistano irresistibili tendenze deleganti, ma di quella interessantissima fascia che sta tra normalità e eccellenza.
Personalmente mi occupo da tempo di creatività umana, particolarmente rivolta alla mente adulta e alla sua tendenza a irrigidirsi e sclerotizzarsi proponendo percorsi laboratoriali creativi ispirati a quelli che sono stati operatori illustri della creatività come Rodari, Munari, Magritte e molti altri.

Le contaminazioni necessarie

La psicologia dovrebbe stare dove c’è la gente, così come ha ben detto William Irwin, curatore di un libro di filosofia che ha cercato la divulgazione popolare attraverso il cinema con la trilogia di Matrix. Nel suo Pillole rosse. Matrix e la Filosofia (Irwin 2002) dice di essersi ispirato a un rapinatore di banche il quale intervistato su perché mai rapinasse le banche rispose semplicemente che era lì che c’erano i soldi.
Sappiamo bene che i rischi di volgarizzazione sono sempre in agguato a ricordarci la responsabilità di ognuno, ma l’urgenza di comunicare è tale da imporci fantasia e rigore.
La psicologia laddove diventa un prodotto stampato, ovvero un libro che cerca la sua fortuna giocando con la fantasia del lettore con un titolo accattivante e furbo rischia la più piatta semplificazione. Il manuale di auto aiuto, fenomeno diffusissimo nell’editoria psicologica, può essere concepibile ancor meglio, vincendo la tentazione di essere istruttivi per optare per la dimensione interrogativa, ovvero una delle dimensioni esistenziali più profonde.
In verità biblioterapeuticamente preferisco le grandi storie, i grandi romanzi dove si attiva la vera ricerca e scoperta personale e la poesia come grande sintesi esistenziale.
Per la formazione dello psicologo, oltre ai classici della letteratura e della filosofia, preferisco libri frutto di esperienze professionali specifiche che includano prassi e feedback, libri sudati trasudanti esperienze sul campo.
La mia iniziazione professionale è avvenuta giustappunto per strada laddove il setting si fa precario. Ho operato a lungo all’interno di una Unita di Strada per tossicodipendenti attivi a Roma
Oggi sempre più mi piace pensare alla psicologia come un sapere che sappia intercettare altri saperi anche apparentemente lontani in una visione batesoniana, che passi per le forme artistiche, che generi collaborazione con artisti e prodotti fruibili a più livelli.
Personalmente sono impegnato in collaborazioni attive con associazioni di artisti operanti nel territorio.

Animare i luoghi con eventi a valenza psicologica

Esistono luoghi tradizionalmente legati alla psicologia dove si celebra quotidianamente tutta la psicologia con i suoi rituali necessari e spesso rigidamente ripetitivi come le aule delle università o le stanze di consultazione, ma credo che molto altro è pensabile così come aveva intravisto illuminatamente James Hillman.
Cosa impedisce a un bar, ovvero il locale pubblico più frequentato, il luogo della gente e della vera cultura pop, di animarsi con la psicologia e con prodotti psicologici e di diventare uno psychobar, così come fu per la lunga tradizione del Caffè letterario, il luogo dell’incontro e delle idee, ma che, nel nostro caso perderebbe quel carattere elitario per ispirarsi alla quotidianità della gente comune?
Occorrerebbero senz’altro, oltre alle idee, coraggio e capacità comunicative speciali e non sempre risorse economiche da investire, nonchè capire a che domanda far riferimento e a quale utenza.
L’edutanment, e non il formato conferenziale frontale per quanto apprezzabile da taluni, rimane il terreno più interessante dove sperimentarsi come psicologi e incontrare veramente le persone, dove diventa possibile vincere perfino la noia e l’indolenza più resistente. Personalmente preferisco trattare di cose con la mediazione del film o di materiale audiovisivo, nonchè presentazioni multimediali confezionate ad hoc, che mantengano pur nel rigore scientifico un tono di leggerezza. Il linguaggio audiovisivo ha un eloquenza ricchissima e insostituibile che restituisce piena autonomia alla cura.

Roma, lì 12 Gennaio 2012